
Concorso ASL Bari Ostetricia. Accolta la richiesta di ammissione con riserva alla prova pratica.
Concorso ASL Bari Ostetricia. Il Presidente del Consiglio di Stato con Decreto cautelare
monocratico accoglie la richiesta di ammissione con riserva alla prova pratica.
Con il Decreto monocratico n. 373/2020 del 28 gennaio 2020 il Presidente del Consiglio di Stato ha
accolto la richiesta cautelare di ammissione con riserva alla prova pratica, avanzata da alcune
candidate escluse dopo la prova scritta.
Le appellanti, con il patrocinio dell’Avv. Mariano Alterio del foro di Bari, hanno contestato la
correttezza di tre quesiti a risposta multipla, inseriti nella prova scritta del concorso barese,
evidenziando che in due di essi è presente più di una risposta corretta, e non una soltanto, ed in un
altro addirittura tre risposte errate.
Il Presidente del massimo consesso amministrativo ha rilevato che nelle prove concorsuali con la
formula del quesito a risposta multipla, quando su un argomento vi siano differenti orientamenti
scientifici, risulta impossibile per il candidato dare conto di tali divergenze.
Si legge, infatti, nel provvedimento «la “sintesi delle diverse posizioni scientifiche” per la
“elaborazione della tesi prevalente”, concetti sottolineati dalla ordinanza appellata, costituisce
esercizio certo possibile in un elaborato tematico, ma assai più complesso – se non impossibile –
allorché la risposta è a un quiz con soluzioni predeterminate a scelta»

Concorsi pubblici. Il giudizio “non idoneo” di una prova scritta non è sufficiente.
Concorsi pubblici. Il giudizio “non idoneo” di una prova scritta non è sufficiente.
Il TAR Lazio, Sez. I quater, con la sentenza 8 agosto 2019, n. 10420 ha accolto il ricorso del
concorrente di un concorso in magistratura che è stato escluso dopo le prove scritte, in quanto
solo una di tali prove scritte è stata giudicata “non idonea”.
Hanno chiarito i giudici romani che resta fermo il principio riconosciuto anche dalla Corte di
Cassazione e dalla Corte Costituzionale, per cui il giudizio sulle prove scritte nei concorsi pubblici
non necessità di una motivazione ampia e dettagliata, ma è sufficiente un semplice giudizio di
idoneità o non idoneità.
Il caso deciso nella sentenza in questione secondo il TAR Lazio si differenzia dagli altri in quanto è
risultato contraddittorio ed incoerente il giudizio “non idoneo”, attribuito dalla Commissione di
concorso ad una prova scritta del candidato, rispetto a quello ampiamente positivo delle altre due
prove.
Si legge, infatti, che “ritiene il Collegio la sussistenza di un evidente contraddittorietà nei giudizi
resi nei confronti delle prove scritte redatte dal ricorrente, essendo state valutate con voti
ampiamente sufficienti le prove di diritto penale e di diritto amministrativo (avendo riportato,
rispettivamente, 13/20 e 14/20) ed essendo stato, invece, ritenuto, insufficiente quella di diritto
civile”.
Il TAR ha, quindi, ordinato alla Commissione di ripetere la valutazione dell’elaborato.

Realizzazione del muro di cinta. Basta la d.i.a./s.c.i.a. o è necessario il permesso di costruire?
Realizzazione del muro di cinta. Basta la d.i.a./s.c.i.a. o è necessario il permesso di costruire?
La VI Sezione del Consiglio di Stato con sentenza n. 5911/2019 del 27 agosto 2019 si pronuncia su
un’ordinanza di demolizione di un muro di cinta, realizzato dal un privato senza richiedere il
permesso di costruire, ma solo una d.i.a.
I giudici di Palazzo Spada hanno chiarito che, al di là di come venga descritto l’intervento edilizio
da realizzare, nel caso del muro di cinta va verificato se esso abbia un reale impatto urbanistico
sull’area interessata.
Si legge, infatti, nella sentenza che “più che all’astratto genus o tipologia di intervento edilizio
(sussumibile nella categoria delle opere funzionali a chiudere i confini sui fondi finitimi) occorre
far riferimento all’impatto effettivo che le opere a ciò strumentali generano sul territorio. Con la
conseguenza che si deve qualificare l’intervento edilizio quale nuova costruzione quante volte
abbia l'effettiva idoneità di determinare significative trasformazioni urbanistiche e edilizie”.
Sulla base di questo principio, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del privato, rilevando che
“la recinzione non richiede un previo titolo edilizio quando è realizzata con materiale di scarso
impatto visivo e per le dimensioni dell’intervento non comporti un’apprezzabile alterazione
ambientale”.

Il Consiglio di Stato riafferma la necessità per la P.A. di motivare la scelta di non utilizzare una graduatoria già esistente per la copertura di posti vacanti.
Il Consiglio di Stato riafferma la necessità per la P.A. di motivare la scelta di non utilizzare
una graduatoria già esistente per la copertura di posti vacanti.
La VI Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 103 del 4 gennaio 2019 è tornata a
pronunciarsi sulla scelta di una P.A. di coprire posti vacanti al proprio interno mediante indizione di
una nuova procedura concorsuale pur in presenza di una graduatoria valida ed efficace di un
precedente concorso.
In particolare, si riafferma che in tal caso l’indizione di un nuovo concorso sia l’eccezione alla
generale regola di ricorrere alla mobilità e allo scorrimento di una graduatoria, ove esistente.
Nel caso di intenda porre in essere tale eccezione, la scelta necessità di una motivazione dettagliata
e specifica e non generica e di stile.
Si legge nella sentenza che “Illegittimo il bando del CNR che non motiva la decisione di non
utilizzare la graduatoria ancora valida, se il presupposto è una assoluta genericità e
indeterminatezza, ricorrendo a sterili forme di stile, prive di reale contenuto, limitandosi a
specificare una non meglio chiarita «professionalità richiesta necessaria a soddisfare le esigenze
funzionali». In altri termini, non è legittimo addurre a motivazione una mera parafrasi della
formula legislativa omettendo un riferimento specifico e puntuale rispetto al profilo professionale
proprio dei candidati che avevano superato il precedente concorso ed erano rimasti inclusi nella
relativa graduatoria, valida ed efficace al momento dell’indizione delle nuove procedure
concorsuale”.

Prorogato anche per il 2019 il Piano Casa Puglia
Prorogato anche per il 2019 il Piano Casa Puglia
La Regione Puglia con l’art. 4 della L.R. 17.12.2018, n. 59 ha prorogato al 31 dicembre 2019
l’applicazione del Piano Casa, adottato con L.R. 14/2009.
C’è ancora un anno per presentare istanze abilitative per gli immobili realizzati entro il 1° agosto
2018 per gli incrementi volumetrici fino al 20% nel caso di ampliamento e al 35% nel caso di
demolizione e ricostruzione.
La proroga ha anche introdotto delle modifiche alla precedente disciplina, così è stata prevista la
possibilità di ampliare, sempre nel limite del 20% della volumetria complessiva esistente e
comunque per non oltre 300 metri cubi, gli edifici non residenziali anche di volumetria superiore a
1000 metri cubi.
Una norma interpretativa del testo originario della legge precisa che l’intervento edilizio di
ricostruzione da effettuare a seguito della demolizione di uno o più edifici possa essere realizzato
anche con una diversa sistemazione planovolumetrica o con diverse dislocazioni del volume
massimo consentito all’interno dell’area di pertinenza.
Si chiarisce, inoltre, il divieto di realizzare gli interventi previsti dalla legge su immobili che ne
abbiano già beneficiato e che abbiano interamente utilizzato la premialità consentita.

Abuso edilizio. L’ordine di demolizione ricade sia sul proprietario dell’opera che sul responsabile dell’abuso.
Abuso edilizio. L’ordine di demolizione ricade sia sul proprietario dell’opera che sul
responsabile dell’abuso.
La VI Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 6983 dell’11.12.2018 ha affermato che
l’abuso edilizio sussiste ogni qualvolta sia stato realizzato una opera in difformità alle norme
urbanistiche, indipendentemente da chi sia il responsabile dell’abuso e si trasmette anche ai
successivi proprietari.
I Giudici di Palazzo Spada hanno, infatti, sancito che “Il presupposto per l’adozione di
un’ordinanza di ripristino non è l’ accertamento di responsabilità nella commissione dell’ illecito,
bensì l’esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione
urbanistico-edilizia: sicché sia il soggetto che abbia la titolarità a eseguire l’ordine ripristinatorio
– ossia in virtù del diritto dominicale il proprietario –che il responsabile dell’abuso sono
destinatari della sanzione reale del ripristino dei luoghi e quindi legittimati attivi all’impugnazione
della sanzione. D’altra parte, l’acquirente dell’immobile abusivo o del sedime su cui è stato
realizzato succede in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi relativi al bene ceduto facenti capo al
precedente proprietario, ivi compresa l’abusiva trasformazione, subendo gli effetti sia del diniego
di sanatoria, sia dell’ingiunzione di demolizione successivamente impartita, pur essendo l’abuso
commesso prima del passaggio di proprietà”

Necessario dimostrare il danno derivante dal ritardo della P.A. nella conclusione del procedimento amministrativo.
Necessario dimostrare il danno derivante dal ritardo della P.A. nella conclusione del
procedimento amministrativo.
La VI Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 6859 del 3.12.2018 ha evidenziato che il
danno dovuto al ritardo della P.A. nel concludere un procedimento amministrativo non è dimostrato
dal mero superamento del termine imposto dalla legge, ma deve essere specificamente provato che
tale ritardo ha determinato un reale danno patrimoniale.
Così si esprimono i Giudici “La sussistenza del danno da ritardo non può presumersi iuris tantum,
in relazione al mero superamento del termine fissato per l’adozione del provvedimento
amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provarne i presupposti sia di
carattere oggettivo (sussistenza del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso
causale), sia di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante). E’ errato, pertanto, ritenere in
tema di danno conseguente al mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento
amministrativo, che lo stesso debba considerarsi esistente ogni qual volta l’ inosservanza del
termine dipenda da un comportamento doloso o negligente dell’ Amministrazione, il quale dia luogo
ad una lesione del diritto del privato alla certezza ed al rispetto dei tempi dell’ azione
amministrativa, considerati quale autonomo bene della vita.”

Affidamento diretto per i lavori di importo compreso tra 40.000 e 150.000 euro in deroga al codice degli appalti.
Legge di Bilancio 2019: affidamento diretto per i lavori di importo compreso tra 40.000 e
150.000 euro in deroga al codice degli appalti.
La legge di Bilancio 2019 innalza la soglia per l’affidamento diretto di appalti pubblici per importi
pari o superiori a 40.000 € ed inferiori a 150.000 € con l’obbligo di consultare tre operatori
economici ed innanlza la soglia per la procedura negoziata da 150.000 € a 350.000 €.
In particolare, l’art. 1, comma 912, stabilisce che “Nelle more di una complessiva revisione del
codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre
2019, le stazioni appaltanti, in deroga all’art 36, comma 2, del medesimo codice, possono
procedere all’affidamento di lavori di importo pari o superiore a 40.000 e inferiore a 150.000
mediante affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di 3 operatori economici e
mediante le procedure di cui al comma 2, lettera b) dell’art 36 del d.lgs n. 50 del 2016 per i lavori
di importo pari o superiore a 150.000 e inferiore a 350.000.”
La deroga è temporanea in vista di una complessiva revisione del Codice dei Contratti e non esime
le Stazioni appaltanti dal conformarsi ai principi comunitari in materia di concorrenza e, in
particolare, gli obblighi di parità di trattamento e di trasparenza.

Responsabilità della PA: la giurisdizione dipende dalla natura giuridica dell’azione di responsabilità.
Responsabilità della PA: la giurisdizione dipende dalla natura giuridica dell’azione di
responsabilità.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 33211/2018 decide sul caso di un carabiniere, il quale
aveva subito gravi lesioni fisiche, perché durante il servizio era rimasto schiacciato dal crollo della
porta carraia, che aveva aperto.
Il carabiniere si è rivolto al giudice ordinario ed ha citato il Ministero dell’Interno, il Ministero della
Difesa, il Comune ed il Comandante della Caserma per chiedere il risarcimento dei danni per
responsabilità extracontrattuale, quindi non sotto forma di infortunio nel rapporto di lavoro, nel qual
caso avrebbe dovuto rivolgersi al T.A.R.
La Cassazione ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione, rilevando che “la soluzione della
questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per
lesione della propria integrità psicofisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti
dell’Amministrazione, è strettamente subordinata all’accertamento della natura giuridica
dell’azione di responsabilità in concreto proposta”.
Quindi, la giurisdizione è determinata dalla natura giuridica della domanda di risarcimento avanzata
dal danneggiato.